Mozambico

Inhassoro – Mozambico

Un po’ di storia

Il 2 marzo 1498, quando il navigatore portoghese Vasco de Gama giunse in Mozambico,con l’intento di stabilire dei punti di rifornimento per le navi portoghesi dirette in India, trovò, lungo la costa, numerosi porti commerciali, del popolo bantù, collegati al resto dell’Africa , al Medio Oriente e all’India.L’influenza araba in questi porti era notevole e il swahili era la lingua usata per scopi commerciali.
Nel secolo successivo ebbe inizio la vera e propria colonizzazione, da parte dei portoghesi, delle terre lungo lo Zambesi, abitate da popolazioni dedite all’agricoltura : al già fiorente commercio dell’oro e dell’avorio, si aggiunse il turpe mercato degli schiavi.
A partire dal XX secolo i Portoghesi, ormai padroni di tutto il territorio, delinearono un preciso modello di sfruttamento: l’affitto di tutte le risorse disponibili nel Paese, inclusa la forza lavoro, soprattutto al Sudafrica e alla Rhodesia.
In particolare sotto il governo del dittatore portoghese Antonio Salazar un gran numero di uomini lasciò il Paese sia per il peggioramento delle già difficili condizioni di lavoro, sia per una diffusa carestia a seguito dell’introduzione, imposta dal governo,delle colture estensive che causò una drastica riduzione delle risorse alimentari.
A seguito del divieto, per la popolazione locale, di accedere alle scuole esistenti e ai pochi ospedali e all’uccisione nel 1960, da parte dell’esercito portoghese, di 600 persone disarmate che protestavano contro l’imposizione di nuove tasse, nacque il movimento indipendentista o Frelimo che, dopo oltre 10 anni di guerra, il 25 giugno 1992 portò il Mozambico all’indipendenza.Il Paese era però nel caos: mancavano le competenze professionali e le infrastrutture, i capitali erano allo stremo, l’economia nel baratro per cui il Frelimo, divenuto il partito di governo, cercò aiuti e riferimento presso l’Unione Sovietica e la Germania orientale.
Agli inizi degli anni Ottanta, mentre il paese rasentava la bancarotta, la Rhodesia ed il Sudafrica, che accusavano il Mozambico di ospitare basi nascoste dei loro rispettivi movimenti indipendentisti, organizzarono la resistenza armata mozambicana o Renano, cioè un gruppo di guerriglieri ,contrari al governo di Maputo, aventi il compito di destabilizzare il Paese, distruggendo le infrastrutture sociali e le reti di comunicazioni, per giungere così alla destituzione del governo. Si aprì una stagione di guerra con attacchi da parte della Renano ai convogli umanitari e incendi ai magazzini di cereali, proprio durante una grave siccità e una durissima carestia. Il Frelimo cedette, gradualmente, alla pressione, si allontanò dal blocco sovietico e iniziò ad aprirsi all’Occidente che rispose con l’invio di aiuti.
Solo nel 1992, Frelimo e Renano misero fine alle ostilità e firmarono un trattato di pace.Le elezioni del 1994 portarono alla presidenza del Paese il capo del Frelimo, Joquim Chissano, che favorì la ricostruzione dello Stato.
Il 4 novembre 2003, Chissano, che ha confermato di non aspirare a un terzo mandato, ha ufficialmente aperto la campagna elettorale per le seconde elezioni municipali nella storia del Mozambico, in calendario il prossimo 19 novembre.

Malattie

Dopo 16 anni di guerra civile, il Mozambico, oggi, combatte contro, forse, il suo peggior nemico:l’AIDS. Il Paese infatti è tra le zone maggiormente colpite a livello mondiale e i dati sono quelli di un bollettino di guerra: oltre 1.500.000 di persone, su una popolazione di 18.000.000 abitanti, risultano sieropositive, circa 110.000 minori di 14 anni ne sono già colpiti , quasi 100.000 persone muoiono ogni anno e oltre 250.000 bambini sono stati resi orfani.Tali risultati, purtroppo, sono destinati ad incrementarsi sia per l’alto tasso di analfabetismo ,che non permette all’individuo di evitare in modo sicuro la contrazione di questo virus , sia per l’elevato costo della terapia medica che si aggira sui 350 dollari all’anno per persona.
Pare essere in costante crescita anche un’altra malattia: la pazzia. Principale causa sembra essere la suruma, un’erba allucinogena importata dal Malawi,che viene fumata per lavorare senza sentir fatica e fame. Presto, però, alla voglia di lavorare subentrano delirio, crisi di aggressività e schizofrenia. Altri fattori ,che “incoraggiano” la malattia mentale, sono poi da attribuirsi sia ai traumi dell’infanzia , risalenti ai tempi della guerra civile, sia ad alcuni parassiti, tra cui la tenia, che, a volte, migrano dall’intestino al cervello , generando comportamenti anormali e attacchi epilettici.
Non si devono, inoltre, dimenticare nuovi segni di recrudescenza del colera, della scabbia, della malaria e di enteropatie, conseguenze delle inondazioni che hanno incrementato il numero degli acquitrini con acque infette.

L’alluvione

Il 22 febbraio 2000 il ciclone Eline si è abbattuto sul Mozambico, già sconvolto da tre settimane di piogge torrenziali che avevano pericolosamente colmato i fiumi della regione. Le piogge provocate da Eline hanno così saturato la capienza delle dighe poste sullo Zambesi e sul Limpopo, facendo aumentare, oltre il livello di sicurezza l’acqua nel loro invaso ad un punto tale da rendere indispensabile l’apertura delle paratie. Le acque delle dighe, aggiunte a quelle delle piogge, hanno sommerso circa il 25% del terreno coltivabile della Nazione, strade e ponti, inoltre, sono stati ricoperti da ondate di fango che hanno bloccato la circolazione, impedendo, così,il sopraggiungere dei mezzi di soccorso. La stima dei danni è risultata disastrosa: circa 770 i morti accertati, 400.000 gli sfollati, 2.000.000 le persone coinvolte e più del 30% il bestiame annegato. La maggior parte dei sopravvissuti ,che per giorni o ha trovato scampo sugli isolotti di sabbia del Limpopo o ha vissuto sugli alberi e sui tetti delle capanne sommerse dalle acque, convivendo con serpenti, formiche, vespe e zanzare, ha contratto la malaria, il colera, l’enteropatia e gravi danni respiratori.
L’alluvione ha, inoltre, messo in ginocchio l’agricoltura, più di 170.000 ettari di colture sono andate distrutte, gettando il Paese in uno stato di grave e duratura emergenza alimentare, e ha riportato, purtroppo, in primo piano il problema delle mine,pesante eredità di 16 anni di guerra civile, che sono state smosse dal fango e trascinate via.

Problema mine

La guerra civile , che ha sconvolto il Paese, ha lasciato, tra le varie eredità, oltre due milioni e mezzo di mine antiuomo (dato stimato dalla Commissione nazionale per lo sminamento) disseminate sul territorio .L’alluvione del 2000 ha reso la situazione ancor più pericolosa poiché ha completamente stravolto la loro distribuzione, rendendola sconosciuta e rendendo soprattutto inutili le segnalazioni di pericolo poste sui terreni. La mancanza, pertanto, di recinzioni, per segnalarne l’ubicazione, rende altamente problematica e insicura sia l’opera di ricostruzione, sia l’attivazione di alcune attività lavorative.
Un’operazione di bonifica del territorio è stata attivata, a partire dal 1993, con il supporto dei paesi dell’Europa occidentale, ma procede molto lentamente. La cosa infatti non è semplice : occorrono attrezzature costose e personale specializzato ed i costi diventano veramente eccessivi, soprattutto se si tratta di specialisti stranieri ( circa 3.000.000 di dollari per neutralizzare dalle 60 alle 70 mine) Grave è anche il problema delle vittime delle mine, che, non più in grado di lavorare , a seguito delle gravi mutilazioni, sono costrette a vivere di elemosina.

Situazione sanitaria

La situazione sanitaria mozambicana risulta, attualmente, molto precaria se non addirittura critica a causa sia della guerra civile, che dal 1977 al 1992 ha colpito il Paese e l’ha condotto in un uno stato di profonda povertà, sia per i gravi danni scaturiti dall’alluvione che, nel 2000, ha travolto il territorio.
L’inefficienza del sistema sanitario, conseguente alla distruzione delle infrastrutture , soprattutto quelle all’esterno dei centri urbani, è dimostrata dal fatto che la distanza, per raggiungere un primo centro di soccorso, è di oltre19 km, per reperire un medico di circa 47 km. Sono presenti, inoltre, solo una levatrice o un’infermiera su 6 villaggi e un dottore su 15 centri abitati. Il budget sanitario annuale , che il governo mette a disposizione ,è di 10 dollari a persona.

scarica una presentazione della Missione di Inhassoro (41 Mb)


Don Pio con la sua equipe parrocchiale: da sinistra Caterina Fassio, padre Giacinto, Elena Bovolenta e padre Francisco Canhote.

Scuola Tecnica di Inhassoro, il principale istituto tecnico della provincia

Scuola Tecnica di Inhassoro, il principale istituto tecnico della provincia

Chiesa parrocchiale di Sant'Eusebio ad Inhassoro


aggiungiamo a questo punto le parole di don Pio Bono, facenti parte di una sua testimonianza alla veglia missionaria dell’anno 2007, in cui egli parla dei primi passi dell’Impegno Missionario Vercellese in Mozambico:

“In una riunione del Consiglio Presbiterale tenutasi nel Seminario di Vercelli nella primavera del 1999, fu deciso che la Missione ad gentes della nostra diocesi, pur con la scarsità di clero diocesano, dovesse continuare ad inviare alcuni suoi sacerdoti religiosi e laici in Missione. La fede si rafforza donandola. Don Franco Givone, come responsabile del Centro Missionario Diocesano, fu incaricato di trovare una nuova missione.
Dopo un viaggio esplorativo nel sud dell’ Etiopia fu accettato l’invito di un Vescovo mozambicano Mons. Alberto Setele ad aprire una Missione nella sua vasta diocesi. Ci offri Maimelane, un piccolo paese che si trova a 25 km dal distretto di Inhassoro e a 800 Km. a nord dalla capitale Maputo. Il distretto di Inhassoro si affaccia sull’ Oceano Indiano con una popolazione di oltre 50.000 abitanti, con solo un migliaio di cristiani e tutti gli altri appartenenti ad altre chiese o animisti.
Nel 1999 partimmo per il Portogallo per imparare la lingua. Eravamo in quattro: don Guido Pezzana, che con coraggio ritentava l’avventura in terra di Missione, suor Alda Vola, Caterina Fassio, missionaria laica di Cigliano e il sottoscritto.
L’apprendimento della lingua é sempre il primo passo che si richiede per comunicare con la popolazione. Ed a una certa età non è facile. Per lavorare in Kenya abbiamo sudato parecchio per imparare l’ inglese, il kiswahili e il borana. Ora in Mozambico si parla portoghese e xitswa.
Ci fermammo in Portogallo per 4 mesi e il 23 febbraio del 2000 partimmo per il Mozambico. Subito fummo accolti da una grande alluvione in cui morirono 1600 persone.
Anche qui in Mozambico, dopo uno studio profondo della realtà, é risultato chiaro che la povertà del popolo africano, non é solo mancanza di mezzi, ma povertà di testa, che vuol dire mancanza di educazione ad usufruire delle risorse naturali che la terra offre.
Il 14 luglio del 2005 ricevemmo la terribile notizia della morte di don Luigi. Rimanemmo in silenzio per molto tempo, nessuno era preparato a ricevere questa notizia. Don Luigi aveva dato la vita per l’ideale in cui credeva. Fui al suo fianco per 30 anni, posso dirvi che l’ho conosciuto profondamente. Carattere spartano e senza fronzoli. Era stato vittima del suo intenso lavoro. L’invidia di un gruppo di fondamentalisti islamici pensò di eliminare l’opera di solidarietà di don Luigi, uccidendolo. Il suo lavoro però, benedetto con il suo sangue come ai tempi dei primi cristiani, continuerà per sempre.
Inizialmente tutta la comunità missionaria vercellese risiedeva in Maimelane, dove c’è una casa ed una Chiesa, ricevuta in eredità dai missionari della Consolata.
Nel mese di luglio del 2001, il Vescovo di Inhambane Mons. Alberto Setele mi chiese con insistenza di aprire una missione ad Inhassoro che era l’unico capoluogo di distretto senza la presenza della Chiesa cattolica. Con l’accordo del nostro arcivescovo accettammo la separazione: Don Carlo Donisotti e Sr. Alda rimasero a Maimelane con l’aiuto delle suore della Consolata.
La Missione di Maimelane è formata da 26 comunità che don Carlo visita con cura ogni due mesi. Con l’aiuto di Suor Alda si iniziarono 11 asili con un totale di 250 bambini.
La zona di Maimelane é zona molto arida con poca acqua. Don Carlo, con gli aiuti ricevuti da diversi amici, é riuscito a scavare 7 pozzi per la gente e a creare un centro nutrizionale dove i bambini denutriti ricevono un aiuto alimentare; si aiutano inoltre anche i bambini figli di donne sieropositive che non possono allattare.
Sin dal 2000 a Maimelane funziona un Centro di accompagnamento scolastico frequentato da circa 200 bambini delle scuola elementare. Vengono al mattino per la colazione e al ritorno da scuola per il pranzo. Al pomeriggio, aiutati da alcuni maestri, fanno i compiti e poi tornano ciascuno alla propria casa.
Ora con la partenza di suor Alda, don Carlo Donisotti é coadiuvato da un diacono mozambicano e da tre suore  Sorelle Misericordiose.
Caterina Fassio ed io, nel 2001, ci siamo trasferiti ad Inhassoro per aprire e cominciare la nuova Missione di Inhassoro. Ci accampammo tra mille difficoltà, privi come eravamo anche dell’acqua. Un po’ alla volta abbiamo costruito la nostra e le altre strutture ecclesiali.
Inhassoro è una cittadina di 26.000 abitanti, adagiata a contemplare le bellezze dell’ Oceano Indiano e le isole di Bazaruto. Il 95%  della gente vive ancora in capanne di paglia e pochi privilegiati hanno case in muratura. Quasi nessuno ha l’acqua in casa, tutti vanno a rifornirsi nei pozzi pubblici.
Noi fummo accolti con grande gioia dalla popolazione. Non c’era neanche una cappella dove celebrare la Messa. Celebravo sotto l’ombra di un grande anacardio alla presenza di 30 – 35 persone.
La fede si rafforza, donandola.
Ora alla messa domenicale partecipano circa 1.000 persone. La maggior parte é ancora pagana, ma vuole sentire la Parola che salva, libera, che esprime forza nel cammino duro della vita. Per ricevere il Battesimo ci vogliono tre anni di frequenza al catechismo. Quest’anno sono 130 i catecumeni che si stanno preparando al battesimo.
Anche qui ad Inhassoro risultò chiaro che la povertà della gente era dovuta alla mancanza di istruzione. I coloni portoghesi  avevano dato possibilità di istruzione solo fino alla 4a Elementare. Gli africani non potevano essere proprietari di negozi e botteghe. Potevano possedere terreni fino ad un ettaro e non oltre. Praticamente era un popolo forzatamente tenuto sottomesso affinché non si ribellasse ai padroni. E tutto questo fino al 1975 anno in cui iniziò la guerra civile durata  27 anni, fino al 1992, causando due milioni di morti e distruggendo tutto.
Caterina Fassio cominciò con un’asilo sotto le piante. In poco tempo i bambini arrivarono a 140. Con l’aiuto di un benefattore di Cigliano fu costruito l’asilo in muratura.
Le persone che arrivavano ad Inhassoro per le spese o per l’ospedale rimanevano meravigliati nel vedere questi bambini parlare il portoghese. Subito chiesero alla Missione di avere questo beneficio anche per i loro figli che vivevano nella foresta.
Oggi Caterina coordina e segue 17 asili con circa 800 bambini iscritti. A tutti questi bimbi, oltre all’istruzione, é assicurata una merenda preparata con farina e latte.
La nostra preoccupazione più grande era però la formazione dei giovani che terminavano le scuole dell’obbligo. Un giorno un gruppo di anziani giunse in Missione a chiedere l’aiuto di una scuola che insegnasse non solo a scrivere e a leggere, ma anche un mestiere. Dissero  che i  giovani  non  sapevano  fare nulla  di  pratico. Per incontrare un meccanico, un falegname, un elettricista bisognava andare fino a Maputo, a 800 km di distanza.
Durante le mie solite vacanze in Italia, mi incontrai con il dott. Luigi Bobba, a quel tempo presidente nazionale delle ACLI. Parlai con lui della richiesta degli anziani : la costruzione di una scuola tecnica. Accettò volentieri la proposta e chiamò il progetto “Una speranza per il Mozambico”.
L’ opera iniziò nel 2002 con il nome locale di “Estrela do Mar”, Stella del Mare, e fu inaugurata  nel 2003  con  i  corsi di  falegnameria,  sartoria, meccanica e per elettricisti.  Attualmente sono 250 gli studenti che frequentano la scuola imparando un mestiere. Quest’anno con una solenne cerimonia abbiamo consegnato i primi diplomi. Erano presenti alla cerimonia oltre ai rappresentanti del Governo mozambicano, l’ambasciatore dell’Italia in Mozambico, una delegazione italiana con il segretario delle Acli, dott. Roberto Oliva, il sen.Luigi Bobba, una giornalista del Corriere Eusebiano e alcuni amici. Il commento che il ministro dell’ Educazione mozambicano fece nel giorno dell’ inaugurazione é stato: “Finalmente i bianchi hanno costruito per noi neri una scuola come la costruiscono per i loro figli in Italia”. L’ opera é davvero bella e molto efficiente.
Voglio ringraziare le ACLI, proprio in questo giorno della giornata mondiale delle Missioni, per il dono di questa splendida scuola. Questa scuola é un esempio per altre istituzioni: è dare una mano per aiutare la crescita umana e professionale di un popolo che vuole uscire dall’oscurità e dalla povertà.
Le Acli hanno dato l’esempio, non con le parole, ma con i fatti di come si possa aiutare un paese non fortunato come l’Italia. Voglio ricordare anche l’aiuto pratico e mirato del Rotary Club di Vercelli per la donazione di macchinari per la scuola di falegnameria e meccanica.
II prossimo anno, nel 2008, il CELIM di Milano, ci ha offerto le strutture (aule e macchinari) per una scuola alberghiera. Il Governo mozambicano ci ha inoltre offerto una casa di accoglienza per le ragazze che frequentano la scuola tecnica. Con l’aiuto delle suore comincerà a funzionare dal prossimo anno.
La Missione inoltre ha aperto da tre anni una casa di accoglienza per bambini orfani o di genitori con l’ AIDS. Sono 15 e vivono con noi. Ringrazio pertanto coloro che ci aiutano con le sponsorizzazioni, permettendoci di poter continuare quest’ opera a favore dell’ infanzia.
La Parrocchia di Inhassoro é stata dedicata a Santo Eusebio. È formata da 28 comunità di cui 6 sulle isole.
Io settimanalmente visito 3 o 4 villaggi. Responsabili delle comunità cristiane sono circa 70 catechisti che, dopo una preparazione realizzata a Maimelane, dirigono e spiegano il Vangelo in tutte le comunità. Tutti i catechisti lavorano gratuitamente, non ricevono aiuti in denaro. L’unico aiuto che  ricevono è da parte dei loro cristiani che li aiutano a zappare i loro campi. E’ il loro modo di dire Grazie per l’ impegno che offrono alla Comunità.
Regolarmente ogni due mesi visito tutte le 28 comunità, celebrando l’Eucarestia. La visita del padre coincide anche con la riunione del Consiglio della Comunità. Si parla dei loro problemi, degli ammalati, dei bisticci tra moglie e marito, di chi ha rubato la gallina o la capra scomparsa.
Nel 2005 venne a vivere con noi il seminarista vercellese Pier Leo Lupano di Santhià. La sua giovane età ed il suo entusiasmo hanno subito contagiato i giovani di Inhassoro. Questa esperienza missionaria lo ha accompagnato fino all’ ordinazione sacerdotale. Ora noi aspettiamo con ansia il suo ritorno ad Inhassoro.
La nostra comunità di Inhassoro da due anni si prepara per la costruzione della nuova Chiesa per la quale tutti i cristiani si sono tassati, ciascuno secondo le proprie possibilità. Ora stiamo ancora utilizzando una cappella fatta di canne. Per la festa della posa della prima pietra avevamo invitato il nostro Arcivescovo e il vescovo di Inhambane. Tutto era stato preparato per il 25 febbraio 2006, quando arrivò un ciclone chiamato “Favio” che cancellò tutti i nostri preparativi. Alla notizia del suo arrivo, noi tutti  avevamo pensato che fosse un ciclone simile a quello del 2003, che aveva rovinato solo qualche casa per cui nessuno si preoccupò più di tanto. Poi il 22 febbraio alle 9 cominciò il vento.
Alle 11 molte case erano già state scoperchiate. Alle 2 del pomeriggio il vento arrivò a soffiare a 240 km all’ ora. Gli alberi furono sradicati e volavano per aria, così pure le lamiere delle case. Le macchine venivano rovesciate e/o sollevate da terra. Verso le 16 tutto si calmò e iniziò la pioggia torrenziale. In città ci furono una decina di morti (2 sepolti dal muro della casa, 1 schiacciato da un albero, gli altri per le ferite delle lamiere che erano volate per aria). La Missione fu praticamente tutta distrutta, compresa la nostra casa e la casa dei bambini orfani. Una stanza e la cappella del Santissimo furono risparmiate. Il danno venne calcolato in 200 mila euro.
II nostro Arcivescovo, don Franco Givone e don Gianni Fagnola, che erano in viaggio per partecipare alla cerimonia della posa della prima pietra, erano bloccati a Johannesburg in Sud Africa perché la torre di controllo dell’ aeroporto di Vilanculo era caduta. Non vi era inoltre alcuna possibilità di comunicazione perchè le torri del telefono erano tutte crollate. Il radar dell’ aeroporto venne  rimesso in funzione solo nella giornata del 25, permettendo così  all’aereo di atterrare all’ aeroporto di Vilanculo.
L’arrivo dell’ Arcivescovo, di don Franco e di don Gianni ci diede subito una scossa di fiducia. Visitarono la Missione e si presero a cuore la situazione. Ben presto arrivarono  i loro aiuti.
Lo spettacolo delle case distrutte, degli alberi divelti e sradicati, delle lamiere contorte e del volto triste della gente rimarrà ancora per molto tempo dentro di noi.
Con l’ intervento del Sen. Bobba anche il governo italiano si mosse e mandò un aereo con tende, coperte e materiale di emergenza. Abbiamo comunque ricevuto l’aiuto più grande dalla nostra gente vercellese.
La vita riprese il suo ritmo e, dopo un mese, le scuole e gli asili già funzionavano normalmente.
La festa della posa della prima pietra della nuova Chiesa dedicata a Sant’Eusebio fu celebrata il 4 di agosto alla presenza di don Franco Givone in rappresentanza del nostro Arcivescovo. Fu ancora un momento di festa  e di fede profonda. Il momento più solenne fu il trasporto della prima pietra che pesava 140 kg contenente le firme sigillate dei capi dei 28 villaggi, dei 70 catechisti e delle autorità locali, in processione danzando e cantando, dall’altare fino al luogo in cui si sta edificando la nuova Chiesa dedicata a Sant’ Eusebio, il primo vescovo di Vercelli. II problema che sempre ci assilla è come riuscire a rispondere a tutte le richieste che ogni giorno ci giungono per aprire nuove comunità. Sono intere zone, interi villaggi che chiedono la presenza di un Missionario. Il lavoro che  però già abbiamo, per la cura  delle 28 comunità, della scuola tecnica, dei 17 asili, dei bambini orfani, della casa di accoglienza per le ragazze, del centro giovanile con le varie attività formative e sportive, ci occupa infatti tutta la giornata. Siamo ben coadiuvati da 3 suore mozambicane e  da laici locali, ma sono necessari altri volontari. Abbiamo bisogno di una mano.
Questa giornata missionaria mondiale ha esattamente questo scopo. Ricordare a tutti i credenti che sono attori della Missione. Dio ci chiederà conto di cosa abbiamo fatto per gli altri dopo aver ricevuto il dono della fede. Tutti dobbiamo dare una risposta a queste nuove generazioni che si affacciano sulla scena del mondo.
Una persona che si dice cristiana non esaurisce la sua fede con l’assistenza ad una messa domenicale o un pellegrinaggio a Lourdes o a Taizè. Un vero cristiano si interroga senza paura. Cosa posso fare nel mio ambiente per aiutare gli altri popoli a conoscere la verità di Dio e ad uscire dall’oscurità che genera povertà e miseria? La miseria che affligge tanta gente nel mondo (e sono i 2/3 della popolazione) non è solo frutto di pigrizia o di malcostume, ma quasi sempre è frutto dell’egoismo dei popoli ricchi che, senza pietà, cercano un guadagno a danno dei poveri. Vivo da 39 anni in Africa, e posso garantire che quando all’ africano è data la possibilità di studiare ed imparare, l’africano ti sorprende per la capacità di fare cose meravigliose e tante volte ti dà lezioni di vita per l’alta capacità di saper amare e rispettare”.

scarica una presentazione Powerpoint in Italiano di padre Giacinto sul Mozambico

Maimelane – Mozambico

La missione di Maimelane è stata la prima missione in cui i missionari vercellesi, dopo l’uscita dal Kenia, si sono inseriti in Mozambico. La missione era stata costruita dai missionari della Consolata nel territorio della diocesi di Inhambane. La missione della Consolata aveva attraversato i difficili anni della decolonizzazione e della guerra civile di cui restano segni ancora oggi il distrutto ospedale e il cimitero. Con la contrazione dei numeri delle vocazioni degli ultimi decenni del novecento l’arrivo dei missionari vercellesi era stato accolto con favore e per una quindicina di anni i missionari vercellesi hanno avuto un ruolo importante nella vita della missione stessa e nel suo sviluppo. Gli ultimi anni hanno visto l’inserimento in quella missione di un sacerdote della diocesi di Ivrea che per il momento è l’ultimo rimasto. La mobilità sociale che caratterizza la zona attorno a Maimelane a causa della presenza di importanti attività estrattive hanno impoverito il territorio dove sorge la missione e spostato il grosso della popolazione in zone limitrofe ma comunque distanti. La costruzione di un ospedale in queste nuove zone di popolamento stanno ponendo nuove sfide a chi dovrà occuparsi del futuro di quella missione.

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