Decimo anniversario della morte di mons. Locati

 

Vogliamo ricordare Mons Locati con un suo scritto, citato da Ilde Lorenzola nella parte finale del suo articolo sul Corriere Eusebiano (articolo che potete scaricare nella versione integrale dal link sottostante).

Don Luigi si rivolge probabilmente ad una persona reale che era stata in Africa, ma che non era stata veramente trsformata dall’esperienza, trsformazione che invece in lui era diventata scelta ed itinerario di vita.

E’ un appello a ciascuno di noi, valido ed attualissimo anche oggi. Grazie Mons Locati!!!

scarica il testo completo del Corriere Eusebiano

«Carissimo amico, esordisce lo scritto, potresti essere uno dei tanti turisti che in questi anni ci hanno fatto visita in Kenya, a Isiolo e si sono entusiasmati… Ti ho visto spesso commosso di fronte alla povertà della gente; hai distribuito caramelle ai bambini e li hai fatti giocare. Ti sei sentito felice nel vederti attorniato da tanti di loro, che ti chiamavano, ti stringevano la mano, ti facevano festa nella speranza poi di ottenere qualcosa… ma tu perché ti sentivi commosso? Perché facevano festa a te o perché erano contenti loro? Avresti dovuto chiederglielo! Una donna sempre col sorriso sulle labbra mi diceva: “Noi ridiamo fuori, ma piangiamo dentro”… Hai visto anche i mercati (non supermercati)… sempre gli stessi articoli: pomodori, verdure, cipolle, cavoli, ferramenta vecchia e poi tanti vestiti usati (gli scarti del mondo ricco, che danneggiano enormemente la produzione tessile locale)…». 
«Ma hai guardato la gente?», chiede don Luigi con insistenza dolorosa, acuita dal confronto: «Quando tu vai al supermercato, spendi anche 200-300mila lire. Pensa per un attimo a quanto spendi per Natale o capodanno! Non ti sei accorto che qui la gente si compra 100 grammi di olio, 3 cucchiaini di sale e cinque foglie di verdura, 4 pomodori e magari una cipolla? Totale spesa: 800 lire. Non dirmi: “Ma a loro questo basta”. No, a loro questo non basta! Ma chi è in miseria deve farlo bastare… Hai comprato oggetti fatti da loro: hai fatto bene! È un modo per aiutarli a valorizzare le loro capacità. Però… non mi è piaciuto il baratto: i tuoi vestiti usati in cambio del frutto del lavoro. Perché non li hai pagati?… A me sembra che questo faccia parte del rispetto e della dignità umana della “persona”. Anche loro sono figli di Dio, cioè del “Padre nostro” che sta nei cieli. L’Africa ti ha commosso e ti piacerebbe tanto ritornare. Io – sinceramente – dopo tanti anni di Africa, mi sento desolato. Non può piacermi essere ancora testimone della miseria e della sofferenza di troppa gente».
«Se dovessi dire che mi piace – prosegue don Locati con lucida determinazione – sarebbe solo egoismo, perché avrei trovato un modo comodo di vivere. Però ci sto… solo perché amo questa gente che Dio mi ha affidato e come un padre sta accanto al figlio ammalato e lo fa con passione, soffrendo assieme. Quante volte nel viaggiare da una missione all’altra ti ho sentito esclamare: “Che bello, è un Paradiso terrestre”. Ho sorriso… proprio per non piangere… Ci staresti a vivere come sono costretti loro?». «Altri amici», invece, «si sono espressi diversamente: “Mi vergogno di me stesso. Dopo quello che ho visto, non sarà più come prima, né io sarò più quello che sono stato”. Prova a togliere a questo “paradiso terrestre” le aurore, i tramonti, la savana a perdita d’occhio, i canti, le danze della gente… che cosa ti resta?».
Alla fine della lettera il fiore della speranza e la riconferma di una dichiarazione d’amore del missionario deciso a condividere, conoscere e rispettare le persone di quell’Africa che, «nella loro povertà, sanno gustare la vita e la cantano; sanno gustare la fede e la danzano con tanta espressività e spontaneità. Magnifiche, commoventi partecipazioni liturgiche in chiesa… ciò che da tempo tu non fai più…».
«Caro amico… – conclude don Luigi (immaginiamo con il guizzo del suo sorriso aperto e rincuorante) – molte cose ti sono sfuggite all’attenzione e, ritornato in Italia, continuerai a vivere come prima, insoddisfatto di tutto il superfluo che ti soffoca, con una voglia di ritornare in Africa per sfuggire alla realtà e ingannare te stesso. Forse non hai neppure imparato dall’Africa che si può vivere con molto meno di quello che credi indispensabile. Ti auguro ogni bene, ma soprattutto… ti auguro di cambiare… fa di te un dono per gli altri… perché no… per gli africani. Abbi la voglia di amare… L’Africa è grande, c’è posto anche per te».

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